Ultime notizie sulle pensioni: probabile un rinvio delle decisioni importanti

età pensionabile

La prospettiva delle elezioni politiche in programma la prossima primavera potrebbe rallentare il percorso che porta a un aumento dell’età pensionabile. Secondo le indiscrezioni riportate dai giornali negli ultimi giorni, infatti, la tentazione del governo Gentiloni sarebbe quella di rinviare la decisione a dopo la tornata elettorale, per non perdere il consenso di chi potrebbe essere penalizzato da un ritardato accesso alla pensione. Insomma, si ripeterebbe lo scenario a cui si è già assistito con la questione dello ius soli: meglio non infiammare troppo gli animi degli elettori e attendere che le acque si calmino.

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Pensioni: che cosa potrebbe cambiare

Nel caso in cui le ultime notizie sulle pensioni venissero confermate, a partire dal 2019 l’età per la pensione sarebbe ulteriormente aumentata e arriverebbe a 67 anni. Tuttavia lo slittamento a cui si sta pensando nel governo potrebbe cambiare le carte in tavola e fare il paio con quello relativo alla concessione della cittadinanza italiana a centinaia di migliaia di stranieri. Il motivo alla base di un ragionamento politico simile è sempre lo stesso: evitare di prendere decisioni che farebbero arrabbiare gli italiani e che si potrebbero vendicare nel segreto delle urne. Che fare, quindi? Attendere qualche mese e passare la palla al governo che verrà: governo che, data la situazione attuale, potrebbe prevedere una grande coalizione.

Vale la pena di precisare, però, che non è sufficiente una scelta di carattere politico per provvedere a un adeguamento della speranza di vita: esso, infatti, è un atto previsto dalla legge, che impone che debba essere messa in atto una revisione ogni tre anni, tenendo conto dei dati Istat. Dopo l’ultimo cambiamento del 2016, quindi, un ulteriore balzo in avanti sarebbe in programma per il 2019. Manca quasi un anno e mezzo, ma perché c’è tutta questa fretta? Il fatto è che il tempo c’è ancora, ma solo in teoria: la formalizzazione della decisione, infatti, deve giungere entro la fine di novembre. Insomma, entro le prossime sette settimane ci dovrà essere un atto del ministero del Lavoro – si chiama decreto direttoriale – che non avrà bisogno di passare in Parlamento per diventare ufficiale.

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Le ragioni del rinvio

Un rinvio è fattibile tecnicamente: è possibile, però, solo a condizione che ci sia una legge che preveda tale rinvio. Per esempio, potrebbe arrivare un emendamento parlamentare da inserire nella prossima legge di Bilancio. Se così non accadesse, i dirigenti tenuti a firmare il decreto rischierebbero addirittura di venire accusati di danno erariale, come ha fatto notare – anche se in via non ufficiale – la Ragioneria generale dello Stato. Il solo percorso che può essere intrapreso, dunque, è quello di una norma ponte grazie a cui la decisione possa essere ritardata ai prossimi mesi: in primavera, infatti, ci sarebbe tutto il tempo necessario per stabilire quale dovrà essere l’età pensionabile a partire dal 2019 (e fino allo scalino successivo).

Il governo, per il momento, non sembra essere disposto a scendere a compromessi e ad allontanarsi dalla linea della fermezza. Questo, almeno, è quello che si può dedurre dalle dichiarazioni pubbliche; perché la realtà informale racconta, invece, di un accordo pressoché unanime tra tutti i partiti per lo slittamento. Si verrebbe a concretizzare, in sostanza, una sorta di tregua armata, che permetterebbe di stare alla larga da sfide che potrebbero rivelarsi impegnative per qualsiasi forza politica. Mdp, non a caso, si è concentrato sul superticket e su altre questioni ma non sulle pensioni. Il problema è che la Corte dei Conti ha fatto notare che un passo indietro sul fronte della previdenza potrebbe compromettere i conti pubblici e la loro tenuta. Ma se invece che un passo indietro ci fosse solo un passo di lato, cambierebbe poco: aspettare il 2018 non causerà danni gravi.

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